Sinossi di tutti i testi (4): D-E

Indice Alfabetico


Resoconto e spunti di riflessione sul libro di Jean Allouch: La psicanalisi è un esercizio spirituale? Risposta a Michel Foucault.


Articolo pubblicato su “Il Ponte”, 1946.


Rivista di psicoanalisi, n. 52, (2006), pp. 149-164. 
Due interessantissimi colloqui sulle origini della psicanalisi italiana... e sulla sua attuale disfatta.


Radicalizzando quello che dice Freud, è possibile affermare che il compito dell’analista è di sfruttare i transfert amorosi sulla sua persona distruggendoli tutti a mano a mano che si producono durante l’analisi. Questa affermazione postula un’equivalenza fra l’amore edipico e l’amore di transfert e implica una differenza fra questo genere d’amore, fondato sui fantasmi incestuosi inconsci (quelli in cui, per dirla grossolanamente, la sessualità dell’uomo rimane legata alla madre e quella della donna al padre) e un genere di amore fuoriuscito dall’Edipo, che può realizzarsi appunto solo con la distruzione di tutti i transfert.


Pubblicato col titolo D’un renoncement au père su "Topique" n. 85 2003/2004 e sulla "Rivista di Psicologia Analitica" 2/2004, numero dedicato a Dialoguer avec l'Islam. La psyché entre radicalisme et laicité, a cura di Lidia Tarantini, La biblioteca di Vivarium. 
"L'islam ha tentato di produrre nel suo edificio spirituale una rinuncia al padre per costituire la fede in Dio? Il presente studio propone una lettura della costruzione simbolica islamica a partire da tale domanda. Partendo dall'imperativo che separa Dio da ogni metafora paterna e da ogni idea di procreazione, la nostra ricerca ha cercato di interrogare il testo coranico nel suo rapporto con il testo biblico, per determinare le ragioni di una divergenza di fondo tra l'islam ed i due altri monoteismi. Abbiamo mostrato che il problema trova la sua radice nella Genesi in cui il fondatore dell'islam ha tolto l'articolazione genealogica ad Abramo per inscrivere la sua fondazione a partire dal grande racconto della paternità e dell'alleanza. Ma tale racconto l'ha costretto ad un'interpretazione che distingue la metafora paterna da Dio. Le conseguenze di questa congettura sono numerose, tanto dal punto di vista etico, quanto a livello della teoria del monoteismo."


Psicoterapia e scienze umane n. 2, 2002. 
"Ho provato a fare una piccola ricerca. Ho isolato dai contesti in cui figurano (ed è un errore, naturalmente) alcuni concetti propri della psicoanalisi. Sempre ripetuti, usati a proposito e a sproposito, essi hanno finito per costituire una sorta di gergo, più che di lingua, di riferimento. Basta pronunciare uno di essi per sapere di che cosa si sta parlando e come si intende parlarne."


Voce dell'Enciclopedia della psicanalisi. Termine usato da Freud in un senso specifico: modo di difesa che consiste in un rifiuto da parte del soggetto di riconoscere la realtà di una percezione traumatizzante, essenzialmente quella della mancanza del pene nella donna. Questo meccanismo è invocato da Freud specialmente per spiegare il feticismo e le psicosi.


Nell’analisi ogni risposta alla domanda, si voglia frustrante o gratificante, riporta il transfert alla suggestione. Se Freud era stato condotto, attraverso la clinica (in primo luogo dell’isteria), il sogno, la psicopatologia della vita quotidiana, a porre il desiderio inconscio – nel suo legame con la verità – al centro dell’esperienza psicanalitica, non ne aveva però elaborato una teoria : così, per quanto il sogno fosse l’appagamento di un desiderio rimosso, lo statuto di tale desiderio era rimasto incerto, se non indefinito. La conseguenza è stata che gli analisti, nei vent’anni successivi alla morte di Freud, ne hanno approfittato per operare nella confusione teorica, e dunque pratica, fra bisogno, domanda e desiderio, e i loro rispettivi oggetti, mentre nella direzione della cura si sono orientati su concetti dallo statuto ugualmente incerto – fino a quando, almeno, non sono articolati a una teoria del desiderio –, quali la regressione e la frustrazione; infine, la mancata elaborazione di una teoria del desiderio ha prodotto una concezione della fine dell’analisi fondata sull’identificazione all’Io (ben inteso: forte) dell’analista (ego psychology). È a partire da questa situazione che il ritorno a Freud da lui promulgato, ha imposto a Lacan, negli anni ’50, l’elaborazione di una teoria del desiderio che egli formula per la prima volta in modo compiuto in La direzione della cura e i principî del suo potere .


"Oggi il lapsus freudiano è oggetto di una resistenza ben più radicale e inflessibile di quella tradizionale, tipica, popolare, che tradisce la propria presunzione con l'imbarazzo o l'irritazione, non sufficienti, tuttavia, a dissimulare il senso del lapsus alle orecchie di chi ne è stato testimone in flagrante; si tratta in effetti di una resistenza molto più elaborata, che non solo si è fatta colta, perfino erudita, ma che invoca a suo sostegno nientemeno che la scienza."


Riproduciamo, per gentile concessione dell’Autore, il primo capitolo, Fra due crisi, della Prima parte, La psicanalisi nell’epoca dei media del libro di Ettore Perrella Il disagio dell’inciviltà, Screenpress Edizioni, collana Academy, Trapani, 2012, pp. 27-44.  

"Il lavoro d’un analista, dal punto di vista socio-economico, in fondo altro non è che una professione come tutte le altre. Eppure gli analisti si sono dimostrati sempre abbastanza indifferenti non solo alle problematiche economiche, ma anche a quelle connesse con la gestione giuridica e politica delle professioni. Molti di loro considerano anzi la propria pratica completamente estranea a tutto ciò, tanto più che, nella loro esperienza, il denaro svolge certo una funzione essenziale, ma - come vedremo fra poco - non interviene tanto come un compenso per la loro prestazione, quanto come una condizione dell’efficacia della relazione analitica. Questo ha sempre prodotto un’asimmetria fra la psicanalisi e le altre professioni, ed ha finito per confermare, agli occhi degli analisti, che non c’era nessun problema nemmeno nella loro indifferenza per l’economia in generale."

  
Riproduciamo, per gentile concessione dell’Autore, il Prologo del libro di Ettore Perrella Il disagio dell’inciviltà, Screenpress Edizioni, collana Academy, Trapani, 2012.  
"Che relazione mai ci può essere fra la psicanalisi e l’economia? Crediamo che ce ne sia una da sempre, e che oggi - in un momento in cui una crisi economica che dura ormai da troppo tempo mette alla prova molte delle nostre certezze - sia importante interrogarsi su di essa. Per farlo, in effetti, ci si deve anche chiedere che cosa differenzia il mondo in cui viviamo oggi da quello in cui la psicanalisi è sorta ed ha prosperato. Anche la nostra pratica attraversa attualmente, per numerosi motivi, delle difficoltà che in passato non aveva mai incontrato. L’ipotesi che formulo in questo libro è che queste difficoltà provengono appunto da motivi politici ed economici, che gli analisti non hanno percepito in tempo, come avrebbero dovuto fare per riuscire a ricalibrare la loro pratica sulla nuova situazione socioculturale che si stava producendo."



Il Discours sur la servitude volontaire fu redatto probabilmente da Étienne de La Boétie (1530 – 1563) intorno al 1549 e pubblicato clandestinamente nel 1576 con il titolo di Il contro uno. Secondo gli ultimi studi esso fu composto nel periodo dell'università, cioè attorno ai 22 anni. Secondo l'amico Montaigne tuttavia, il discorso sarebbe addirittura precedente, scritto cioè attorno ai 18 anni.
Lo riproduciamo nella traduzione di Luigi Geninazzi, Jaka Book, Milano 1979.


Lucien Isräel afferma che a leggere Détruire dit -elle ci si può fare un'idea di cosa sia una seduta d'analisi in cui accade qualcosa di "veramente analitico".

"Opera politica che si sforza di descrivere lo stadio rivoluzionario della vita, la morte dell’ essere di classe nella dissoluzione dell’io, del tuo, del mio." (M. Duras)


"Se dunque l'esperienza analitica non ha come scopo quello di colmare col sapere dell'analista le lacune dell'analizzante, qual è il tipo di lavoro che impegna entrambi?"


Questo breve testo muove alcuni incerti (e tardivi) passi – accostando anche autori lontani dalla psicanalisi – per cominciare a rispondere  alle domande: in che contesto  - sociale, politico, giuridico, epistemologico - opera l’analista? L’atto analitico, in quanto mira «a quel superamento della propria esistenza che si chiama un Soggetto» è (anche) un atto politico sui generis?


"Affermare che la verità richiede uno sforzo, è dire ben poco: essa implica una violenza costante!" (Serge Leclaire)


Non è il modo in cui la si pratica a definire la psicanalisi (in tal caso essa si ridurrebbe a una semplice tecnica che chiunque può applicare), ma l’habitus di chi la pratica: lo psicanalista. La specificità della psicanalisi - qui sta tutta la questione - non può essere individuata in nessuna delle sue numerose e svariate caratteristiche (la psicanalisi è al tempo stesso una cura, una ricerca scientifica, una tecnica interpretativa, un metodo da applicare in vari campi del sapere, un’etica, ecc.) ma unicamente dal confronto di ciascun psicanalista col desiderio di Freud.


Queste lezioni ci forniscono un'idea molto precisa della clinica kraepeliniana, dell'atteggiamento e delle modalità con cui si rapportava ai pazienti e alla loro sofferenza. La clinica kraepeliniana si basa su tre presupposti psicopatologici che, presentati in ordine logico, sono: I. I sintomi psichici non sono altro che anomalie dell'attività mentale o della condotta. Essi sono causati direttamente da un danno organico. 2. La soggettività del paziente, il suo mondo, le vicende della sua vita non presentano alcun interesse psicopatologico o psichiatrico. 3. Ciò che interessa non è il malato, ma la malattia di cui è egli portatore.


“Rivista di Psicoanalisi”, n. 52, (2006), pp. 177-188. 
Di fronte alla nuova edizione delle Opere di Freud curata da Ranchetti, Sigmund Freud. Testi e contesti, Semi confessa apertamente un sintomo, che descrive prima come uno “sconcerto” e poi come un vero e proprio “fastidio”, e si chiede: “Perché Bollati Boringhieri, che detiene i diritti della traduzione ormai classica di Freud, ha sentito il bisogno di farne un’altra?”. E perché no? – viene da rispondere – che cosa, o meglio chi avrebbe dovuto impedirglielo?


Da Joël Dor, Le père et sa fonction en psychanalyse, érès, Point hors ligne, Ramonville Saint-Agne 2008 (Ia ed. 1998), pp. 71-75 .
 
"Nell'uomo isterico, il rapporto di desiderio con la donna è minato da un'elaborazione inconscia che ha per conseguenza il mantenimento di una confusione completa fra il desiderio e la virilità; confusione che trae origine da un'interpretazione particolare che l'isterico mette in atto nei confronti della domanda di ogni donna. In effetti, egli non percepisce mai la donna in quanto sollecitata da un desiderio che si rivolge legittimamente a un altro desiderio, ma sempre e solo come un'ingiunzione a dare prova della propria virilità. Pertanto, egli può concepire di essere desiderato da una donna solo nella misura in cui essa è supposta attendere da lui la dimostrazione che è virile. Ecco perché, nell'isterico, tutto avviene come se la relazione di desiderio si fondasse sulla necessità di dover giustificare che egli ha senz'altro ciò che gli domanda la donna: il fallo. Ma poiché nutre la convinzione immaginaria di non esserne depositario, tutto ciò che può risponderle è: 'Non ho il pene.'"


Lo sbocco del complesso edipico nel Superio, che per Freud ne è l’erede, costituisce un fallimento di quello che dovrebbe essere il suo esito normale oppure il complesso edipico in quanto tale non può avere che un simile esito? In altri termini, il Superio (che non è altro che l’amore del Padre ideale) è l’usurpatore, l’erede illegittimo del complesso edipico oppure è il suo esito inevitabile, che è poi quello della nevrosi ?


Apparso in Psicoterapia e scienze umane n. 4, 1989, pp. 28 -34.
l'editore ricostruisce le vicende storiche che hanno portato alla sua grande impresa.


Un utile elenco di tutti gli scritti di Freud, in ordine cronologico [anno, titolo italiano, volume] raccolti negli 11 volumi (più quello dei Complementi) delle Opere di Sigmund Freud Boringhieri.

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