I Quaderni di Polimnia

Presentazione

l nuovo secolo ha scosso violentemente la psicanalisi chiamandola a pronunciarsi su questioni fondamentali su cui la storia del “movimento psicanalitico” non ha mai voluto fare chiarezza.
La psicanalisi è una cura? Per quanto venga incontrata inizialmente come una domanda di cura, l’analisi non vi si riduce e in ogni caso non è una cura medica. La sua “missione sociale” è oscura, il suo fine rimane indefinito e forse indefinibile, e comunque nessuno lo può conoscere in anticipo. La psicanalisi è una scienza? L’“ipotesi” dell’inconscio è rimasta tale? È ancora possibile un “discorso psicanalitico” all’interno della civilizzazione post-edipica? L’atto psicanalitico è un atto etico? Perché l’analisi “non tollera terzi” ma può esistere solo se rimane ai margini delle “terre giuridicamente accatastabili”? Perché non può essere una professione? Perché nessun analista può essere un esperto o uno specialista? Perché la psicanalisi non può trasmettersi come un sapere definito e riproducibile ma ogni volta deve essere reinventata? Come può avere la tracotanza di intromettersi nel destino di un soggetto e di schiudergli l’orizzonte del tragico? Perché la “clinica psicanalitica” si scopre, perfino suo malgrado, un atto di sovversione politica? Che senso ha in psicanalisi la nozione di “guarigione”? Perché in una fatua “pratica della chiacchiera” le parole riacquistano il terribile potere della magia?
La grande maggioranza degli analisti sembra tuttora aver voluto evitare queste domande, trasformando l’analisi in una psicoterapia e acconsentendo a includerla tra le professioni sanitarie.
I Quaderni di Polimnia invitano, in questo delicato momento della sua storia, ad accendere un dibattito a più voci e a più lingue sulla ricerca della psicanalisi “oltre il Novecento”, ponendo la questione di ciò che di essa va tenuto o va lasciato. 
Chi condividesse, anche criticamente, almeno alcune delle questioni poste dai Quaderni, può inviare un suo scritto a: info@polimniadigitaleditions.com; dopo essere stato valutato dalla redazione, verrà pubblicato e possibilmente tradotto in un prossimo numero [massimo trenta-quaranta cartelle in formato A4].


Quaderno I - Giovanni Sias, La Psicanalisi Oltre Il Novecento

Giovanni Sias, Lettere sulla psicanalisi
I Quaderni di Polimnia, di cui presentiamo qui il primo numero, che stabilisce l’orizzonte di questioni (e che è offerto gratuitamente come tutti quel-li che seguiranno), intendono riaprire un dibattito a più voci e a più lingue per rilanciare il gesto sovversivo della psicanalisi, considerata non come una professione medica – una psicoterapia di Stato – che si prefigge di normalizzare o, in alternativa, di reprimere o isolare, ma come un’esperienza eccezionale che ciascun analizzante rinnova nella “scoperta dell’uomo” che è. Quando non è più niente!

Quaderno II - Moreno Manghi, Ci Prendono Per Fessi

Moreno Manghi, Ci prendono per fessi
La legge (56/89) della manipolazione e dell'inganno

La psicoterapia è solo un caso particolare della vita relazionale quotidiana, mentre molti vorrebbero che la vita relazionale quotidiana o fosse del tutto estranea alle specifiche modalità relazionali concettualizzate all’interno del loro orientamento psicoterapico, o addirittura obbedisse a queste ultime.
Non ci sono, né possono esserci in alcun modo degli atti psichici riservati per legge a qualcuno in particolare come suoi “atti tipici”, compresa la diagnosi, la somministrazione di test psicologici, l’interpretazione, l’indagine sui processi mentali e tutti quegli “interventi finalizzati a modificare l’universo psicologico del soggetto”. Ciascuno di questi atti, al di là dell’inganno con cui li si vuole millantare come medici, sono da sempre i normali “atti tipici” di ciascuno, che pratichiamo continuamente, in qualunque momento della giornata, perfino da bambini, anche se li designiamo comunemente con altri nomi.

Quaderno III - Vincenzo Liguori, Contro La Scuola

Vincenzo Liguori, Contro la scuola
Chi parla in questo esile libello è l’esegnante, ossia colui che non insegna o, per meglio dire, colui che lascia fuori i suoi segni. La sua voce si manifesta per dire quello che tutti – forse – hanno sempre pensato ma nessuno ha mai avuto il coraggio di dire: insegnare è per spiriti deboli, un atto inane e inoffensivo che allontana dalla vertigine della conoscenza, quella che si conquista soltanto lontano dalle aule scolastiche, luoghi in cui un sapere annacquato viene distribuito talvolta con obbligo scolastico. L’esegnante, invece, “da fuori”, come uno straniero, tenta di tracciare quell’incolmabile solco tra conoscere e istruirsi. Egli ha l’impudenza di dire che «la conoscenza è dovuta a un avvenimento inatteso, al caso o a un incontro fortuito. La conoscenza è regolata dalla stocastica». Così, con una prosa insolente e spregiudicata, egli affronta l’argomento come farebbe un moralista d’altri tempi o uno di quei philosophes del passato redattori di trattatelli licenziosi, anonimi e clandestini. Ciò che qui si delinea, insomma, è un diverso modo di intendere il sapere e la conoscenza che sono stati messi fuori gioco dall’insegnamento. Sì, perché dopotutto è proprio un atto d’accusa all’insegnamento che qui si è voluto riassumere con l’espressione “contro la scuola”.

Quaderno IV - Antonello Sciacchitano, Psicanalisi Di Frontiera

Antonello Sciacchitano, Psicanalisi di frontiera

La congettura che in questo scritto metto alla prova – che già con il suo creatore la psicanalisi freudiana abbia originariamente rimosso la scienza galileiana grazie a una fissazione alla scienza aristotelica, in particolare alla Fisica di Aristotele, che ha dominato la cultura occidentale per quasi due millenni e tuttora sopravvive nel senso comune. In particolare Freud avrebbe originariamente rimosso la nozione di infinito come tutti gli scolastici – mi è suggerita dal lavoro di un autore, Paul Federn, che riuscì a gettare uno sguardo nella rimozione originaria del fatto scientifico, originariamente collettiva prima che individuale, grazie a un approccio topologico alla psicanalisi, segnatamente alla concezione freudiana del narcisismo. L’individuazione di frontiere dell’Io – Ichgrenze – fu possibile a Federn solo grazie a una mentalità “locale” che mirava a stabilire cosa accade negli intorni dei singoli punti dell’Io, in particolare intorno ai punti di frontiera, a prescindere dalla sorte “globale” dell’intera “provincia” dell’Io. Leggendo Federn risuona alle mie orecchie il detto di Lacan: “L’analisi non progredisce che dal particolare al particolare”.

Quaderno V - Gabriella Ripa Di Meana, Se Abbiamo Perduto Giobbe...

Gabriella Ripa di Meana, Se abbiamo perduto Giobbe...

Che cosa insegna il Libro di Giobbe agli psicanalisti?

La parola di Giobbe, la parola della sventura, che d’un colpo, se solo lo vogliamo, se non la sconfessiamo, possiamo ritrovare sulla bocca muta di tutti gli sventurati di oggi, è una parola in grado di sostenere lo scontro coi discorsi di regime, di prestar voce a una coscienza collettiva silenziata dal battage quotidiano della terapia, che arriva da tutte le parti con lo scopo precipuo di mettere le cose a posto. Se abbiamo perduto Giobbe, con le sue domande folgoranti e indocili, abbiamo anche simultaneamente perduto l’altro.

Quaderno VI - Moreno Manghi, La Consegna Di Giovanni Sias

Moreno Manghi, La consegna di Giovanni Sias

La consegna di Giovanni Sias è un breve omaggio all’«amico infinito» e al suo progetto di una psicanalisi «oltre il Novecento», in cerca di terre inesplorate, all’insegna del motto della Lega anseatica caro a Freud: Navigare necesse est, vivere non necesse. Ancora poco conosciuta nella sua integralità l’opera di Sias, estranea a ogni epigonismo, merita, per la sua audacia, originalità e risolutezza, un’attenta ri-lettura e una discussione critica a cui questo opuscolo – che tocca succintamente solo alcuni dei suoi snodi teorici cruciali – vuole invitare. E il primo invito è proprio per il suo autore, sollecitato da un sogno fatto la notte di ferragosto (due settimane dopo la morte di Sias), in cui gli è annunciata una “consegna” che non era pronto a ricevere, ma con cui non può evitare di confrontarsi.
L’opuscolo comprende anche una proposta di lavoro e una bibliografia di tutta l’opera di Sias (inclusi due testi postumi ancora inediti), di cui viene arrischiato un primo inventario.

Quaderno VII- Moreno Manghi, Sullo Statuto Giuridico Dell'attività Di Psicanalista

Moreno Manghi, Sullo statuto giuridico dell'attività di psicanalista

Questo breve opuscolo è una recensione-commento all’importante libro di Roberto Cheloni e Riccardo Mazzariol, frutto di molti anni di ricerche, Lo statuto giuridico dell’attività di psicoanalista (ETS, Pisa 2020).
L’autore ne isola quello che, a suo giudizio, è la tesi fondamentale: «L’obiettivo della pratica analitica è lo studio dell’inconscio e dei suoi processi che, solo di riflesso, può avere effetti curativi. Non vi è alcuna prescrizione terapeutica al cliente da parte dello psicoanalista, né alcun intento curativo: la tutela del diritto alla salute non può dirsi allora venire in rilievo, se non in modo secondario, riflesso e marginale, tale da non giustificare la previsione di una riserva di attività. […] Risulta perciò avvalorata la conclusione secondo cui la c.d. Ossicini non regola la pratica analitica, la quale deve ritenersi liberamente esercitabile in conformità ai principi e alla normativa esistenti in materia. […] In quanto professione non organizzata in ordini, quella analitica non è destinataria di riserve di attività, né è sottoposta a un sistema di controlli, preventivi e successivi, ma consiste in un’attività libera, sottoposta al normale regime civilistico di lavoro autonomo o di impresa».

Quaderno VIII - Marco Nicastro, Psicanalisi, Cura, Libertà

Marco Nicastro, Psicanalisi, cura, libertà
Appunti Per Una Concezione Soggettivistica Del Lavoro Clinico


Questo breve ma denso testo raccoglie l’invito a riflettere intorno alle questioni sollevate dai Quaderni di Polimnia, in particolare alla decisiva affermazione di Giovanni Sias: «Se lo psicanalista non coglie che ha di fronte un uomo, senza alcuna aggettivazione che lo qualifica dal punto di vista psichico, può solo impedire quell’evento che è l’esperienza psicanalitica, anche se la chiamerà psicanalisi». Ne consegue che uno psicanalista che non sa mettere in discussione continuamente la propria identità professionale, senza aderire a nessun “significante-teoria” se non a quelli creati all’interno del suo specifico legame col paziente, non può far bene questo mestiere. Ripeterà infatti, come un semplice epigono, modelli che sono stati validi in altre epoche o in altre situazioni cliniche, e collaborerà col paziente, magari inavvertitamente, alla costruzione di una falsa identità basata su concetti che non vengono dal soggetto in cura ma dalle teorie di riferimento dell’analista. O, ancora più gravemente, specie se lavora in apparati sanitari, si limiterà a “somministrare” la stessa tecnica, ormai ridotta a un protocollo, in base al problema mostrato, al sintomo individuato, indipendentemente dal soggetto che lo presenta e dalla sua storia, contribuendo a quella disumanizzazione del processo di cura contro cui ogni curante, pur senza fare l’eroe, è chiamato ad opporsi.

Quaderno IX - Giovanni Sias, Lettere Sulla Psicanalisi

Giovanni Sias, Lettere sulla psicanalisi

Le Lettere sulla psicanalisi, che coprono un lasso di quasi vent’anni – la prima del 2000, l’ultima dell’agosto 2019 –, la maggior parte delle quali difficilmente reperibili se non introvabili, sono state tutte precedentemente pubblicate in libri, riviste, siti, blog, ma solo riunite nell’insieme acquistano la loro forza dirompente. Le Lettere attraversano praticamente tutte le questioni “roventi” della psicanalisi di questi ultimi terribili trent’anni: la legge 56/89 (legge “Ossicini”) che ha regolamentato le psicoterapie; la differenza irriducibile tra la psicanalisi e la psicoterapia; i presunti vantaggi di una Realpolitik che ha condotto gli analisti a sacrificare l’inconscio in cambio della rispettabilità professionale e di un posto in società; l’opposizione alla medicalizzazione della psicanalisi e la necessità di emendarla dal suo «peccato di gioventù»: il gergo psichiatrico che la parassita; l’opportunità di rinunciare alla pretesa di «curare presunte psicopatologie» e di «continuare a giocare al dottore» (la psicanalisi non è una cura); le possibili prospettive attuali di una formazione analitica estranea alle scuole di psicoterapia; la critica dell’“epigonismo” e, last but not least, il congedo dalla Laienanalyse e la necessità di pro-gettare una psicanalisi «al di là del Novecento». Le Lettere, ultimo e definitivo libro di Sias, costituiscono così, dopo il suo primo Inventario, pubblicato nel 1997, un bilancio della psicanalisi che rimette lo psicanalista di fronte all’alternativa preannunciata da Bion: «Questo è il possibile futuro con il quale la psicoanalisi si trova a far fronte: disturbare le autorità oppure collaborare per imprigionare la mente umana e renderla innocua».

Quaderno X - Moreno Manghi, Decidere Freud. Per Una Psicanalisi Non Terapeutica

Moreno Manghi, Decidere Freud

Sono essenzialmente due le questioni su cui questo opuscolo vuole richiamare l’attenzione.

1. L’abuso della professione di psicoterapeuta, da strumento giuridico di cui può avvalersi un Ordine professionale per difendere i propri interessi, è diventato uno strumento politico di condanna degli psicanalisti “laici”. Il giudice si presta a sancire questo disegno, rispetto a cui sembra completamente cieco: non tanto per la sua ignoranza (comprensibile) della materia su cui è chiamato a giudicare, quanto per la sua presunzione di sapere.

2. Non è più possibile parlare della psicanalisi. Al di là delle sue declinazioni di scuola (freudiana, kleiniana, lacaniana, ecc.), esistono ormai di fatto (e di diritto) due psicanalisi: la psicanalisi come metodo di cura e la psicanalisi come ascolto dell’inconscio. A lungo, da Freud a Lacan, indissolubilmente unite, queste due facce della stessa moneta – la psicanalisi – a partire dalla legge 56 del 1989 (legge Ossicini) e dai suoi effetti si sono separate. Ecco perché oggi siamo chiamati a decidere per l’una o per l’altra.

Quaderno XI - Ettore Perrella, Quale Avvenire Per La Psicanalisi? Pensieri Preliminari Per Un Convegno

E. Perrella, Quale avvenire per la psicanalisi

Questi Pensieri sono stati scritti in vista del convegno su La psicoanalisi come arte liberale, che la Comunità internazionale di Psicoanalisi sta organizzando per l’ottobre 2022.
Per quanto possa sembrare paradossale dirlo, vista la sproporzione dei termini paragonati, possiamo dire che la legge 56 del 1989, quando viene interpretata come se togliesse la libertà d’esercitare liberamente la psicanalisi a chi è in grado di farlo, se questo qualcuno non è dotato di alcune caratteristiche professionali, che non sono di nessuna rilevanza nella psicanalisi, potrebbe essere paragonata solo alle leggi antiebraiche naziste e fasciste. Che il diritto costituzionale, a trent’anni dall’approvazione di quella legge, non se ne sia accorto, pone un serio dubbio sul diritto costituzionale, non sulla psicanalisi.

Quaderno XII - Jacques Nassif, Gli Psicanalisti Non Sono Dei Professionisti Competenti

Jacques Nassif, Gli psicanalisti non sono dei professionisti competenti

Meno di tre pagine (benché densissime) per «proclamare chiaro e forte» che la psicanalisi, quand’anche mimetizzata da Freud in discorso medico che cura le patologie, «non ha niente a che fare con la medicina né con la sanità, e che di conseguenza essa non accetta di essere regolamentata giuridicamente o di essere riconosciuta dallo Stato».
Ma se è proprio inevitabile sottometterla al controllo dello Stato, cui oggi niente e nessuno può e deve sfuggire, «non è dal Ministero della salute né dal Ministero della pubblica istruzione che gli psicanalisti dovrebbero dipendere, ma dal Ministero della Cultura, alla stregua degli scrittori, degli attori, dei pittori, dei musicisti».
Il testo-manifesto è preceduto da una breve disamina, etimologica e fraseologica, dell’antonimia laïque/clerc, nuova occasione per riprendere lo scritto più radicale di Freud: La questione dell’analisi laica.

Quaderno XIII - Moreno Manghi, Discernere La Guerra Civile In Atto

M. Manghi, Discernere la guerra civile in atto

Questo opuscolo è composto da due brevi capitoli: “Nessun diritto al santuario” e “Un anno dopo”.
Nel primo insisto sull’opportunità di riconoscere e affrontare la guerra civile che è in atto, resa manifesta dall’“emergenza sanitaria” relativa alla pandemia. Anche le posizioni più critiche – che hanno denunciato la sottomissione dei governi al potere del nuovo capitalismo e al suo progetto di liquidazione delle tradizionali forme politiche delle democrazie occidentali – hanno forse trascurato che la gran parte della “gente” non solo è disposta a sacrificare tutto in cambio della “nuda vita”, ma quello che appare come un “sacrificio” potrebbe essere un desiderio.
Nel secondo riprendo la parola, dopo un anno di silenzio, per confutare la pandemia recepita unicamente come l’evidenza di una realtà sanitaria inoppugnabile, di fronte a cui ogni dubbio, discussione e interpretazione sono giudicati moralmente offensivi e irresponsabili, se non proprio folli e criminali.
Eppure, il fatto che la pandemia abbia prodotto in pochissimo tempo un’immensa letteratura mondiale, ci rivela quanto ci sia necessario continuare a interpretarla mobilitando tutti i registri del sapere. Che bisogno ne avremmo se si trattasse di una pura e semplice emergenza sanitaria, per quanto “globale”? Segno che, lungi da limitarsi a essere una realtà biosanitaria di cui solo gli immunologi avrebbero la competenza e il diritto di parlare, l’evento “pandemia” non cessa di interrogare tutti, uno a uno, a partire dalla domanda che sta al suo centro: chi è il mio prossimo?

Quaderno XIV - Minh Quang Nguyen, Sui Linguaggi Operativi E Il Mondo Contemporaneo

Minh Quang Nguyen, Sui Linguaggi Operativi E Il Mondo Contemporaneo

Questo breve testo – ultimo di quattro capitoli di una ricerca più articolata che si basa sul pensiero di Hannah Arendt, ma perfettamente leggibile nella sua autonomia – interroga, analizzandone identità e differenze, il legame dei totalitarismi del XX secolo con il totalitarismo sui generis che caratterizza la “post-modernità”, cioè la nostra contemporaneità, dove l’estremo sviluppo del capitalismo sembra aver trovato nella democrazia neoliberista la sua forma compiuta e definitiva. Al punto che alcuni suoi alfieri considerano il neoliberismo come la forma compiuta e definitiva della democrazia stessa, e nientemeno che la “fine della Storia”, concepita come la fine della sovranità degli Stati, della politica e delle ideologie.
Se negli ultimi decenni la letteratura dedicata all’esplorazione dei molteplici e decentrati poteri della post-modernità è diventata imponente (quasi dovesse rispondere alla domanda di sapere che cosa ci è successo), il primo pregio dello scritto di Nguyen è di affrontare il totalitarismo specificamente dal punto di vista dell’analisi dei mutamenti che ha imposto alla lingua comune (quella che Pasolini, citato dall’autore, chiamava la “lingua umanistica”).
L’autore analizza l’origine e la funzione dei neologismi, dello storytelling management, degli eufemismi, del correct, dei transfert del gergo scientista e manageriale sulla lingua umanistica ecc., che stanno epurando il linguaggio dalle sue risorse espressive, e dalla tensione al trascendente, per restringerne il campo a operatività, efficacia, valutazione, immediatezza, i quattro cavalieri dell’Apocalisse di una novlangue trasmessa dall’“esperto”, colui che ha il compito di legittimare un linguaggio operativo-decisionale che deve «mantenere il corpo sociale perennemente all’interno della logica del Medesimo» e «riprodurre la democrazia neoliberale assicurata da TINA» («there is no alternative»).

Quaderno XV - Simone Berti, Verso Uno Sguardo Umano Libero

Simone Berti, Verso Uno Sguardo Umano Libero

L’enunciato di Freud a cui fa riferimento il titolo di questo breve saggio è: «L’esercizio della psicanalisi richiede assai meno istruzione medica che non preparazione psicologica e sguardo umano libero», tratto dalla Prefazione, datata 1913, al libro di Oskar Pfister Il metodo psicanalitico freudiano, nella nuova traduzione di Davide Radice. Simone Berti, sviluppando la linea di lettura che già avevano proposto al convegno La psicanalisi come arte liberale Christine Dal Bon e Vania Ori, situa, con l’aiuto di analisti quali Sergio Contardi e Giovanni Sias, l’espressione freudiana freien menschlichen Blick al centro della formazione dello psicanalista e del rapporto tra l’esercizio della psicanalisi e la legge.