che si pratica utilizzando un'apparecchiatura simile alla macchina per scrivere). Alla fine di ogni seduta di seminario, la stenotipista ritrascriveva alla macchina da scrivere la stenotipia della seduta e inviava il dattiloscritto a Lacan in due o tre esemplari realizzati con il metodo della "copia carbone".
Oltre alle stenotipie abbiamo gli appunti personali presi da alcuni allievi, in certi casi saltuariamente e in forma sintetica, in altri sistematicamente e con accuratezza, e, a partire dai primi anni '70, le registrazioni al magnetofono e in video (per gli ultimi seminari).
A questo materiale devono aggiungersi i brevi resoconti scritti di pugno da Lacan, i riassunti degli allievi che sono stati approvati da Lacan (come nel caso dei seminari trascritti da J.-B. Pontalis), e le testimonianze basate sui ricordi personali degli allievi.
Questo enorme materiale caotico, precario, deperibile, a volte appena leggibile o udibile, pieno di inesattezze ed errori, costituisce la base a partire da cui si è cercato di ricostruire ciascun singolo seminario, che dipende dunque inevitabilmente dal modo personale di interpretare ciò che si è udito, dato che l'originale (che nella fattispecie sarebbe il testo scritto da Lacan stesso) non esiste, come ha osservato giustamente Jacques-Alain Miller.
Quest'ultimo fu designato da Lacan come suo esecutore testamentario (colui al quale viene affidato il compito di prendersi cura dell'esatta ed effettiva esecuzione delle ultime volontà del testatore e che dunque amministra i beni ereditari e, a certe condizioni, può anche agire in giudizio a loro tutela). Miller ha sempre dichiarato che le versioni dei seminari da lui "stabilite" e pubblicate presso le Éditions du Seuil, sono le sole ed uniche accreditate ed affidabili, per espressa volontà dello stesso Lacan. A credergli, non può stupirci sentire uscire dalla bocca o dalla penna degli allievi della sua scuola, l'École de la Cause Freudienne, frasi come: "Miller ha detto che Lacan ha detto". La grande abilità di Miller nel "chiarire Lacan", nel rendere chiaro l'Oscuro, per molti è stata una facilitazione che li ha dispensati dal leggere Lacan per proprio conto, come se non si sentissero autorizzati. Ma la chiarezza di Miller resta la chiarezza di Miller, cioè una fra le possibili letture di Lacan; una lettura che, a nostro avviso, ha sacrificato a una supposta chiarezza cartesiana molte delle dimensioni dell'insegnamento di Lacan, riducendolo all'opera di un illuminista, di un Rischiaratore. Ciò che viene privilegiato, in somma, è il Sapere, il discorso universitario. Ma non è questo il luogo per affrontare una questione così complessa.
Ci limiteremo a dire che il lavoro di "stabilimento" realizzato da Miller è senz'altro eccellente (come pure quello delle traduzioni italiane dei seminari da lui stabiliti), a condizione di non farne un establishment ma di considerarlo il contributo, quand'anche prezioso, di uno tra gli altri e non il Verbo dell'eletto.
Partendo dalle stenotipie, cioè dalla versione più vicina al parlato di Lacan trascritto nella sua immediatezza, quando si cerca di ricostruire il testo ci si trova continuamente di fronte a una moltitudine di scelte possibili, tese a ricreare un senso e una leggibilità la cui immediatezza non si trova "nell'originale, che non esiste". Quando ci siamo cimentati nel merito, pensavamo ingenuamente di dover affrontare un'ardua traduzione dal francese all'italiano, ma pur sempre una traduzione, quando invece si trattava di tradurre innanzitutto dal francese al francese, da "lalangue" alla lingua, dal parlato allo scritto, cioè, appunto, di stabilire un senso che risuona(va) all'ascoltatore presente ai séminaires con una pluralità di stratificazioni, di eco, mentre nello scritto il senso s'impone immaginariamente al lettore come uno. Il transfert dalla voce allo scritto lascia cadere un resto: il corpo di Lacan.
Proprio per questo, il lavoro di edizione dei seminari è, per sua stessa natura, un'operazione collettiva che deve basarsi, oltre che su un continuo confronto tra collaboratori, su tutti i materiali a disposizione; il testo dei seminari è per definizione in stato di revisione permanente, senza che possa essere mai stabilito definitivamente. Ne è l'esempio il seminario sul transfert, che Miller è stato costretto a revisionare dopo l'individuazione, resa pubblica da altri analisti che hanno pubblicato un'edizione critica di questo seminario, di un numero impressionante di errori, e non certo di ortografia. D'altra parte, Miller ha il potere giuridico di impedire che delle versioni dei seminari "non ufficiali" circolino pubblicamente. Ma se lo esercitasse (come ha fatto in alcuni casi, benché esigendo in tribunale, dopo avere immancabilmente vinto la causa, solo sanzioni simboliche) si metterebbe nel posto di un tiranno, il più inaccettabile per un analista (per non dire dell'oscenità di psicanalisti che per risolvere le loro questioni si appellano agli avvocati). Per questo, molto saggiamente, permette che circolino edizioni non autorizzate, pur sconfessandole, a condizione che non assumano una veste commerciale.
Detto questo, alla fine, s'impone ineluttabile una domanda; non: perché Lacan ha affidato proprio a Jacques-Alain Miller la cura dei suoi seminari (aveva certamente le migliori ragioni per farlo, dal momento che Lacan gli ha proposto la firma congiunta, firma che Miller aveva buone ragioni per rifiutare), ma: perché Lacan, optando per i legami di famiglia (Miller è suo genero) ha scartato la possibilità di un lavoro collettivo da affidare agli allievi (c'era per esempio un Safouan, a cui Lacan rifiutò a suo tempo una trascrizione del seminario sull'etica della psicanalisi), o addirittura non ha lasciato che si moltiplicassero tutte le versioni possibili, senza autorizzarne o non autorizzarne nessuna in particolare? In questo caso, ciascuna versione non sarebbe stata che l'eco fraintesa, malintesa, equivoca, dell'Originale, che non esiste.
Perché, insomma, "prima che la penna gli cadesse di mano" Lacan, per "tutelare" la sua opera (da chi?) ha fatto appello alla famiglia, alla legge, all'uno, al copyright, alla chiarezza e all'univocità? Eppure fino a un anno prima della morte, a chi voleva convincerlo a non dissolvere la scuola che aveva fondato con l'argomento che i dissidi si sarebbero ricomposti sulla base di una rinnovata chiarezza, di una dissipazione dell'equivoco, egli rispose che è solamente dall'equivoco (il linguaggio l'inconscio) che può procedere la psicanalisi.